Mobbing sul lavoro: cosa succede a molte donne e mamme incinte

Hai mai percepito una forma di violenza psicologica nei tuoi confronti sul posto di lavoro da parte dei colleghi, del tuo capo o addirittura da una persona esterna? Questo atteggiamento è stato ripetuto nel corso del tempo e il lavoro è diventato qualcosa di davvero stressante per te? La tua percentuale di assenteismo è aumentata proprio perché cerchi di evitare in tutti i modi di andare a lavorare per non subire queste violenze?

Sono molte le mamme incinte che vedono cambiare drasticamente i loro rapporti lavorativi prima della gravidanza e anche dopo la nascita del loro figlio. Questa violenza psicologia causa molte volte sensazioni di ansia e depressione. Dopo anni è stato coniato un termine che identifica questo comportamento: il Mobbing. Vediamo insieme quando si parla di mobbing, quali sono le sue caratteristiche e cosa fare in queste situazioni.

Cos'è il mobbing?

Il mobbing è un’azione ripetuta nel corso del tempo che consiste in umiliazioni, in un atteggiamento aggressivo e offensivo compiuto da un datore di lavoro nei confronti di un dipendente o tra colleghi.

Questo termine ha origini anglosassoni infatti “to mob” significa “assalire” ma anche “folla”, quindi la folla che aggredisce il singolo individuo. Il mobbing quindi è una vera e propria violenza psicologica. Per la prima volta lo psicologo Heinz Leymann utilizzò questo termine per far riferimento ad un atteggiamento di questo tipo in ambito lavorativo.

Nel corso del tempo questo termine è stato sempre associato all’ambito lavorativo. Purtroppo negli ultimi anni i casi sono aumentati e sono ancora oggi molti i casi taciuti e nascosti.

Quali sono le varie tipologie di mobbing?

Spesso i lavoratori e le mamme incinte credono che il mobbing possa derivare solo dal comportamento del proprio superiore o del capo dell’azienda, purtroppo non è sempre così. Molto frequentemente il mobbing avviene anche tra colleghi dello stesso livello, in questo caso viene chiamato: “orizzontale“. 

Il mobbing verticale invece si verifica quando un collega di un grado superiore attua una violenza fisica o psicologica nei confronti del collega di grado inferiore. Ci potrebbe essere anche il caso contrario però, in cui le violenze psicologiche partono dal soggetto di grado aziendale inferiore verso il superiore. 

Il mobbing trasversale invece riguarda persone esterne che sono in accordo con l’autore del mobbing. 

Infine il doppio mobbing è forse la versione più grave perché non riguarda solo i rapporti lavorativi ma anche la propria famiglia prende le distanze e lascia il proprio familiare da solo. 

 

Coloro che invece vedono tutte le situazioni di mobbing e non intervengono sono definiti co-mobber, in quanto sono complici di chi compie questo tipo di azioni.

Diventa quindi molto importante che le mamme incinte non vengano lasciate da sole nel momento in cui subiscono mobbing. Nessuno deve essere umiliato dal datore di lavoro, chiunque esso sia. 

Mamme vs mobbing: quando il datore di lavoro aggredisce una donna

Secondo le ricerche dell’Osservatorio Nazionale Mobbing negli ultimi due anni circa 800.000 donne sono state costrette a dimettersi o sono state licenziate. Quando una donna è incinta ha diritto al congedo di maternità. Questa è una misura che permette alla donna di astenersi dall’attività lavorativa obbligatoriamente per una fascia di tempo di 5 mesi. Questi 5 mesi possono essere divisi in 3 mesi prima e 2 dopo o viceversa o anche ad esempio 1 mese prima e 4 mesi dopo il parto. 

In questo periodo il datore di lavoro dovrà pagare lo stipendio alla sua dipendente. Questa situazione non è accettata di buon grado da molti datori di lavoro. Ci sono dei capi che attuano un vero e proprio mobbing al momento del ritorno della donna all’attività lavorativa. Quasi come se fosse una vendetta la degradano come posizione lavorativa oppure le rendono la vita impossibile. Ad esempio un tipico atteggiamento di mobbing potrebbe consistere in un trasferimento lavorativo improvviso in una posizione peggiore, senza alcuna ragione. 

Nei casi più gravi queste donne vengono degradate davanti agli altri colleghi che non fanno nulla per difenderle. Le mamme incinte quindi non sempre sono ben viste dai datori di lavoro, sì certamente ce ne sono altrettanti che agiscono correttamente, ma questa è una problematica che riguarda molte donne in tutta Italia. 

Mamme vs mobbing: le conseguenze

I datori di lavoro quando credono che la maternità possa essere un attacco alla produttività aziendale molte volte compiono del mobbing nei confronti delle future o neo-mamme. Le donne incinte quindi sono isolate, ad essere umiliate verbalmente, subiscono dei richiami ingiustificati, e molte volte vengono anche declassate in ambito lavorativo. 

Questi atteggiamenti da parte dei datori di lavoro o dei colleghi portano a delle conseguenze importanti sulle mamme incinte. Infatti queste potrebbero avvertire problematiche di insonnia, ansia, stress, depressione, insicurezza, apatia, ipertensione, disturbi gastrointestinali e così via. 

Secondo uno studio intitolato: “Examining the effects of perceived pregnancy discrimination on mother and baby health“, il mobbing nei confronti delle mamme incinte è molto più diffuso di quello che si creda. Questo porta a conseguenze anche dopo il parto, infatti la donna va incontro a problemi di depressione, mentre il suo figlio a problemi di peso. 

Sono molte le donne che per sfuggire a questa situazione che a volte potrebbe diventare critica richiedono all’INPS la NASpI

Cosa fare nel caso di mobbing?

Le mamme incinte ma anche tutta la classe lavorativa in generale che subisce mobbing può effettuare delle richieste nei confronti del datore di lavoro. Può richiedere un risarcimento del danno biologico nel caso in cui può dimostrare l’aggressione subita, fisica o psicologica o entrambe. 

Ha il diritto di richiedere il risarcimento per il danno morale, ci si riferisce a tutte le problematiche che sono associate alla sfera emotiva che derivano da questi comportamenti da parte del datore di lavoro, da altri superiori o da colleghi d’ufficio. 

Infine ci può essere un’altra tipologia di danno per cui chiedere il risarcimento, cioè quello patrimoniale. In questo caso si potrebbe richiedere un ammontare di denaro pari alle spese mediche effettuate per contrastare la depressione o ad esempio per le sedute psicologiche.

Mamme vs mobbing: il datore di lavoro vuole farla licenziare

La legge protegge le madri che sono in maternità o che sono appena rientrate dopo questo periodo di inattività lavorativa. L’azienda quindi non potrà licenziarle al loro rientro, proprio per questo i datori di lavori che attuano mobbing faranno di tutto affinché la donna dia le sue dimissioni. In questo modo la legge non può intervenire in difesa delle neo-madri o delle donne incinte. 

Spesso le donne piuttosto che continuare a subire violenze psicologiche di questo tipo, giorno per giorno, preferiscono licenziarsi. Sono tante le storie di donne escluse da qualsiasi tipologia di discussione lavorativa, isolate o che sono da anni in causa con i loro datori di lavoro o superiori. 

In tutti i casi nessuno ha il diritto di attuare mobbing nei confronti di un altro lavoratore. Le donne che subiscono mobbing devono avere il coraggio di denunciare, anche nel momento in cui tutto sembra andare nel verso sbagliato. Avere un figlio non deve essere una problematica. Nessuna azienda ha il diritto di influenzare la vita privata delle persone. Un figlio è la più grande ricchezza che si possa avere, proprio per questo non ti abbattere e alza la testa quando il tuo capo fa mobbing. 

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Chiara Masi

Mamma di due splendidi bambini. Creatrice di Mamma Che Info il primo caf e patronato specializzato in mamme e famiglie.

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