Licenziamento in maternità e tutele

Per le donne lavoratrici, scoprire di essere in dolce attesa se da un lato è motivo di gioia dall’altro può spesso rappresentare una vera e propria preoccupazione nei confronti della propria posizione lavorativa. Non sono rari, infatti, i casi in cui le lavoratrici in gravidanza vengono percepite come un “peso” da alcuni datori di lavoro, che spesso – purtroppo – commettono delle ingiustizie nei confronti delle proprie dipendenti come discriminazioni, retrocessione di carriera e, nelle circostanze più gravi, licenziamento. Una delle domande più frequenti, quindi, che si pone una donna lavoratrice in gravidanza è se esistano delle leggi che tutelino la sua condizione e garantiscano il mantenimento della propria posizione lavorativa. A questa domanda la risposta è: sì, esistono delle leggi in materia, che vanno applicate in situazioni specifiche. Prima di analizzarle, però, occorre soffermarci sulla definizione di licenziamento, un provvedimento che spesso viene confuso con le dimissioni o con la scadenza del contratto a tempo determinato. Il licenziamento è l’interruzione del rapporto lavorativo in corso, ed è dovuto ad una decisione da parte del titolare di solito a seguito di motivi gravi e/o colpe attribuibili al dipendente: solo se si presentano queste circostanze si può procedere con il licenziamento, altrimenti non è possibile. Appare chiaro, dunque, che una lavoratrice, solo per il fatto di essere in gravidanza, non può essere licenziata. Inoltre, lo Stato italiano si impegna a garantire una speciale tutela alle donne in dolce attesa grazie a leggi mirate che hanno sia l’obiettivo di punire discriminazioni e licenziamenti verso questa speciale categoria, sia quello di fare in modo che le dipendenti conservino il posto di lavoro e possano tornare ad occuparlo dopo il periodo di maternità (ed eventualmente, congedo parentale).

Cosa dice la legge

Vediamo nel dettaglio quali sono i provvedimenti fondamentali:


Il datore di lavoro che viola tali disposizioni e procede con il licenziamento ingiustificato sarà obbligato ad un risarcimento economico pari alla retribuzione giornaliera dal giorno di licenziamento fino a quello della reintegra della lavoratrice, e dei contributi previdenziali e assistenziali relativi allo stesso periodo. Sarà la lavoratrice a decidere se optare per questa soluzione, oppure potrà scegliere di non essere reintegrata e percepire un’indennità economica corrispondente a 15 mensilità.

Cosa fare in caso di licenziamento

In caso di licenziamento ingiustificato è possibile fare ricorso a organi specifici che si occuperanno di valutare il caso in questione e a disporre i provvedimenti necessari. Tuttavia, come già detto, ci sono circostanze in cui il licenziamento della dipendente è previsto. Ecco quali sono nello specifico:

In caso di licenziamento, il titolare ha l’obbligo di dimostrare la sussistenza di tali circostanze, in caso contrario il licenziamento risulterà nullo.

Le lavoratrici che hanno ingiustamente subito un licenziamento possono rivolgersi immediatamente al responsabile delle risorse umane dell’azienda e dichiarare l’accaduto, contestando la decisione e mostrando il certificato di gravidanza. Qualora queste azioni dovessero risultare insufficienti sarà necessario recarsi presso un Sindacato, un Patronato (per la presentazione della domanda di ricorso) o presso uno studio legale specializzato in Diritto del lavoro con tutti i documenti opportuni quali copia del contratto, certificato di gravidanza, ultima busta paga ed eventuali certificati richiesti dal personale competente.

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